Vetralla racconta

Cronaca della vita della scuola

Anno scolastico 1942-1943

Scuola elementare di Vetralla, classe 4^ femminile

Insegnante Gambioli Elsa

In questo anno scolastico (2022-2023) - esplorando gli ordinati faldoni dell’Archivio Storico del nostro Istituto - ci accompagnerà la lettura di un Registro di classe di un anno particolare: il 1942-1943: ottant’anni fa.

La microstoria di una classe si intreccia con la storia della città e con quella più ampia dell’intera nazione.

L’Italia era entrata nella seconda guerra mondiale dal 10 giugno 1940 e le vicende belliche (purtroppo così vicine e così drammatiche anche ai giorni nostri) si ripercuotono pure tra i banchi della scuola elementare di Vetralla, descritte nella “cronaca” dell’ insegnante.

I primi bombardamenti su Vetralla risalgono al gennaio 1943 e, in quel periodo, comincia “una specie di esodo nelle campagne, con tutti i mezzi di allora che potevano avere a disposizione, tutti carichi di ogni genere di masserizie e di generi di primo consumo e necessità. Ci si accontentava di rifugiarsi nelle grotte o in casali spersi nelle campagne, portandosi appresso letti, coperte e quanto si poteva portare che avesse necessitato per vivere” (Quando la guerra passò di qui, a cura di Gabriella Norcia, Ghaleb editore, 2010, vol. I, pag. 39-40).

Ottanta sono anche gli anni che ricorrono dalla tragica “ritirata russa” che, nel gennaio del 1943, travolse l’Armata Italiana in Russia (ARMIR), causando oltre 84.000 perdite tra i soldati italiani e moltissimi “dispersi” di cui – ancora oggi – non si conosce la sorte. Il racconto di quella pagina dolorosa è stato narrato dallo scrittore Mario Rigoni Stern nel bellissimo libro “Il sergente nella neve”.

 Qualcosa dell’odore che faceva il grasso sul fucile mitragliatore arroventato e del rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe si ritrova tra le righe del racconto della maestra.

 

Leggendo la cronaca scolastica dell’ anno 1942-1943 il Registro della classe 4a femminile della scuola elementare di Vetralla riporta il nome dell’insegnante: Gambioli Elsa.

L’Archivio Storico ci restituisce il fascicolo personale dell’insegnante da cui possiamo trarre alcune notizie.

La maestra Contessa Gambioli Elsa era nata a Panicale (in provincia di Perugia) il 28 gennaio 1906; Contessa era il cognome del marito: funzionario al Governatorato di Roma. Quando iniziò a insegnare nell’anno scolastico 1942-43 aveva, quindi, 36 anni.

Aveva vinto il concorso magistrale nel 1923, a Perugia, ed aveva cominciato a insegnare nella scuola elementare dal 1924 con supplenze in varie cittadine dell’Umbria, per diventare di ruolo nel 1926.

Arrivò a Vetralla nel 1933-1934 e vi insegnò ininterrottamente fino al 1943-44; dal 1° ottobre 1944 iniziò un lungo periodo di aspettative per  motivi di salute che la condusse al collocamento a riposo dal 6 gennaio 1947. Considerata l’inidoneità al servizio scolastico.

Dai rapporti informativi stilati alla fine di ogni anno scolastico dalla Direttrice Didattica Amalia Roero risulta una qualifica sempre buona e, dal 1928-29, “valente” che equivale alla massima valutazione.

La Direttrice Didattica, nel valutare la cultura, il carattere, la disciplina e la capacità didattica dell’ insegnante, la definiva “molto colta, energica, di buone iniziative” ed anche “molto disciplinata e pronta a tutte le attività scolastiche ed extrascolastiche”. Così nel rapporto del 1939: “Scrupolosa nell’ adempimento di ogni dovere – didatticamente molto brava e di vasta cultura – dà alla scuole e alla G.I.L. [Gioventù Italiana del Littorio: l’organizzazione giovanile del partito fascista] tutta la sua anima con vera passione”. Dal 1937 diventa obbligatorio indicare, nel rapporto informativo compilato dal direttore didattico, se l’insegnante era iscritto al Partito Nazionale Fascista e da quale data; la maestra Gambioli si era iscritta dal 16 marzo 1931 e, nell’anno 1942-43 – come annota nel Registro – tutte le alunne della classe presero parte a tutte le manifestazioni civili e patriottiche locali.

 Tra le sue letture preferite annota le opere di Giovanni Verga, Nino Salvaneschi, Trilussa e Giosue Carducci.


 

 

La classe della maestra Gambioli era composta di sole femmine: 27 alunne di cui 5 ripetenti. 

Questo l’elenco alfabetico:

1. Bacocco Aldemira

2. Bagnaia Caterina

3. Barbaranelli Argia

4. Bartoloni Adelina

5. Bochicchio Giuseppina

6. Braccioli Maria

7. Brescia Marisa

8. Cinque Elena

9. Codini Francesca

10. Fiorucci Felicetta

11. Galanti Lucia

12. Galli Lidia

13. Lucreziotti Elvira

14. Lupi Marilena

15. Mancinetti Ippolita

16. Merlonghi Maria

17. Minelli Elena

18. Pandolfi Giuseppina

19. Paoletti Ivana

20. Peruzzi Pierina

21. Pezzato Giovannina

22. Pistella Anna

23. Ranucci Elena

24. Rossi Marcella

25. Scialappa Annunziata

26. Tosini Giuliana

27. Tosini Giuseppina

Ai primi di maggio del 1943 altre tre bambine, sfollate dalle cittadine di Grosseto, Civitavecchia e Bracciano, si aggiungeranno alla classe:

28. Canensi Lidia

29. Pandolfi Marcella

30. Fonti Adriana.

Le professioni del padre, come indicate nel Registro, riflettono la società dell’epoca, ancora profondamente legata al mondo dell’ agricoltura: ben il 50% era indicato come “contadino”; tra gli artigiani viene citato un “pilaro”, un vasaio.

Come ci racconta Mario De Cesaris: “I vasai vetrallesi vantano una lontana origine. L’arte veniva tramandata di padre in figlio e molte delle grotte tufacee intorno a Vetralla ospitavano questi lavoratori che, pedalando sul tornio, modellavano con le abili mani brocche, boccali, piatti, catini e altro vasellame ornamentale. La materia prima, la creta, veniva scavata nei greppi intorno al paese e a dorso d’asino, dentro le ceste, veniva portata nelle grotte, dove era macinata e raffinata prima di essere impastata e lavorata.

Nella stessa grotta c’era la fornace dove si metteva a cuocere tutto il vasellame e gli operai, per esperienza, sapevano regolare la temperatura affinché i cocci non si spaccassero durante la cottura. Dopo il raffreddamento gli davano il colore e le tinte più usate erano il giallo e il verde, che bene s’ intonavano con il rossiccio della creta cotta.

I «pilari», come venivano chiamati in paese, oltre a produrre stoviglieria, modellavano con le loro abili mani anche giocattoli: buoi, asinelli, cavallucci, per i maschietti e brocchette e pentole per le femminucce; salvadanai panciuti che i genitori regalavano ai figli per invogliarli al risparmio.  Erano giocattoli semplici che allietavano l’età felice dei ragazzi e che si vendevano insieme ad altri cocci la domenica sulla piazza o nelle fiere”. (Mario De Cesaris, Vetralla: ieri, oggi e… domani”, Coop. Fani, Vitorchiano, 1996)

 

 

 

CRONACA ED OSSERVAZIONI DELL’INSEGNANTE SULLA VITA DELLA SCUOLA

1° settembre 1942

Inizio delle iscrizioni.

7 – 8 settembre 1942

Esami II sessione per il conseguimento della licenza elementare inferiore.

A luglio avevo rimandato 14 alunne: di queste solo due si sono presentate all’esame e tutte e due sono state approvate.

9 settembre 1942

Il Regio Ispettore ci à concesso il turno per le iscrizioni: io sarò presente la prossima settimana.

1° ottobre 1942

Inaugurazione anno scolastico. Con gli alunni ci siamo recati in chiesa, dove il Rev. Don Rinaldo Facchini ha rivolto alle scolaresche parole di incitamento al bene e di augurio per il nuovo anno scolastico. Ci ha impartito la benedizione di Dio e così sotto la protezione Divina abbiamo ripreso il nostro lavoro che speriamo fecondo di tanto bene.

Erano presenti alla cerimonia tutte le Autorità locali.

Nel pomeriggio, con gli alunni in divisa, abbiamo assistito alla cerimonia della leva fascista.

 

La “leva fascista” era un rito di passaggio i vari gradi delle organizzazioni giovanili “all’interno di una cerimonia suggestiva durante la quale ufficiali della Milizia premiavano i migliori. I Figli della lupa raggruppavano maschi e femmine fino agli otto anni. In seguito i maschi diventavano Balilla dagli otto agli undici anni, Balilla moschettieri dagli undici ai tredici. Avanguardisti dai tredici ai quindici, Avanguardisti moschettieri dai quindici ai diciassette, Giovani fascisti dai diciassette ai ventuno. Le bambine, invece, si dividevano in Piccole italiane dagli otto ai quattordici anni, Giovani italiane dai quattordici ai diciassette e Giovani fasciste dai diciassette ai ventuno.” (Bruno Maida, L'infanzia nelle guerre del Novecento, Torino, Einaudi, 2017)

Il passaggio veniva sottolineato dal giuramento, codificato nello Statuto del Partito Nazionale Fascista del marzo 1938, che ogni bambino e ragazzo era tenuto a ripetere: “Nel nome di Dio e dell’Italia, giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e, se è necessario, col mio sangue, la causa della Rivoluzione Fascista”.

 

Come evidenzia lo storico Antonio Gibelli: anche se improntato ad un modello militaresco “il balillismo appare più generalmente come un appello all’impegno, e riprende in questo senso una tradizione pedagogica precedente, di stampo variamente cattolico, scoutistico e borghese, ma non priva di applicazioni e di agganci nella cultura popolare, fondata sulla configurazione edificante di modelli di virtù ed eroismo infantile legati alla vita civile, proposti all’emulazione” (Antonio Gibelli, Il popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande Guerra  a Salò, Torino, Einaudi, 2005).

 

23 ottobre 1942

Oggi abbiamo avuto la visita del R. Provveditore agli Studi di Viterbo. Si è intrattenuto assai cordialmente a parlare con le alunne ed infine si è compiaciuto con me per averle trovate in perfetto ordine.

28 ottobre 1942

Ventennale: lo celebriamo in piena attività lavorativa e d’ora innanzi ci proporremo come fine del lavoro di ogni giorno l’adempimento scrupoloso del proprio dovere: parteciperemo con fiera coscienza alla vita della nazione in questo periodo di lotta aspra e cruenta. Vivremo, insomma, quest’ora gloriosa e difficile più intensamente e profondamente che sia possibile, affinché l’anima si tempri e si innalzi nella visione e nella comprensione delle virtù necessarie per affrontare e vincere ogni difficoltà.

 

Il “Ventennale” era la celebrazione dei venti anni del regime fascista al governo della nazione: dal 28 ottobre 1922 (anno della marcia su Roma) al 28 ottobre 1942.

Furono organizzate mostre celebrative in tutta Italia che illustravano le opere realizzate dal regime; la mostra più imponente avrebbe dovuto essere quella di Roma, ma l’Esposizione Universale di Roma (EUR) non fu completata a causa delle vicende belliche.

 

Come afferma lo storico Emilio Gentile: “Esperienze occasionali dell’armonico collettivo, come era concepito dal duce, furono le varie e frequenti manifestazioni collettive organizzate dal regime secondo un fitto calendario di feste sociali, oltre le festività civili e politiche, dove l’elemento comune a tutte era la rappresentazione simbolica dei miti fascisti, l’esaltazione della vita comunitaria, la celebrazione delle conquiste del fascismo. (Emilio Gentile, Storia del fascismo, Bari-Roma, Laterza, 2022)

 

 

 

 

29 ottobre 1942

Anniversario fondazione G.I.L.

Quest’anno la refezione scolastica si è iniziata il 1° di ottobre: a turno noi insegnanti assistiamo gli organizzati durante il pasto. Io sono di turno ogni mercoledì.

31 ottobre 1942

Festa del risparmio.

Se gli altri anni era necessario ed importante far capire l’utilità indi-viduale e collettiva del risparmio, quest’anno il verbo risparmiare di-venta il primo dovere di ogni italiano.

Ogni lezione, ogni occasione è buona per far comprendere alle alunne quale è ora il loro dovere e quello delle loro famiglie: dal tener di conto il pennino ed il quaderno: dallo sporcare inutilmente il grembiule allo sciupare la cartella: dal far cadere anche una briciola di pane al far le smorfie di fronte a quello che ci prepara la mamma: tutto rientra nel verbo risparmiare.

Nulla si deve gettare: tutto può essere utilizzato.

A scuola abbiamo celebrato il risparmio con la solita cerimonia annuale: il Direttore dell’Agenzia della Cassa di Risparmio di Vetralla ha distribuito agli alunni più meritevoli un libretto con £ 10 di deposito e ciò per incitarli ed abituarli alla bella virtù del risparmio.

Della mia classe ne hanno beneficiato:

1. Bagnaia Caterina

2. Bartoloni Adelia

3. Braccioli Maria

4. Brescia Marisa

 

Il 29 ottobre 1942 ricorreva il quinto anno dalla fondazione dell’organizzazione giovanile del partito fascista: la Gioventù Italiana del Littorio. La G.I.L. assorbiva l’Opera Nazionale Balilla, comprese anche tutte le sue scuole rurali, accademie e collegi, e passava alle dirette dipendenze del segretario del Partito Nazionale Fascista col motto “Credere, obbedire , combattere”.

Come afferma lo storico Emilio Gentile: “Compito principale della GIL era la preparazione spirituale, sportiva e premilitare dei giovani di ambo i sessi dai 6 ai 21 anni."

 

 

4 novembre 1942

Ho avuto l’ordine di accompagnare le alunne P.P.I.I. [Piccole Italiane] di 3a, 4a e 5a ad assistere alla messa di requie in onore dei Caduti. Abbiamo anche preso parte al Corteo che si è recato a deporre la corona al Monumento ai Caduti e dove è stato fatto l’appello dei Soldati che sono morti nella presente guerra.

 Cerimonia austera e pur tanto commovente poiché esse sono il simbolo e l’espressione della nostra riconoscenza, del nostro ricordo e del nostro amore per chi dette la vita per la Patria.

 

 

Le bambine tra gli 8 e i 13 anni erano inquadrate nell’ organizzazione giovanile fascista delle “Piccole Italiane”; come scrive lo storico Emilio Gentile: “la gioventù doveva essere educata per formare i futuri dirigenti, i quali dovevano prima di tutto imparare ad obbedire, per poter comandare” in tutti i settori della vita politica, amministrativa, lavorativa, mi-litare. 

18 novembre 1942

 

Mentre si svolge la titanica lotta che sconvolge il mondo intero questa data acquista un significato molto più chiaro di quanto non apparisse nel passato: l’egoismo insaziabile dei popoli ricchi e la sete di giustizia di quelli poveri che si affidano alle loro forze giovani e sane per il raggiungimento della Vittoria.

Il 18 novembre 1941 raccogliemmo la lana e, poiché ora, la federazione ce l’ha rimandata trasformata in soffici matasse, mi sono fatta consegnare dalla Segretaria politica kg 2,700 di lana che ò distribuito alle mie alunne per lavorarla. Quindi da oggi gara di lavoro per i nostri soldati: le più brave si cimentano in pedalini e pancere: le meno abili hanno cominciato sciarpette tutte a maglia dritta.

 

 

La data del 18 novembre ricorda il decreto della Società delle Nazioni che, nel 1935, stabilì le sanzioni economiche (divieto di commerci) contro l’Italia che aveva invaso l’Etiopia.  In realtà le sanzioni furono piuttosto blande e non tutti i paesi vi aderirono, tra questi: Germania e Stati Uniti. Il governo fascista alimentò la spinta all’autarchia, cioè a produrre e consumare prodotti italiani mirando all’autosufficienza economica. 

25 novembre 1942

Le mie alunne lavorano tutte con fede e con molto entusiasmo: il loro lavoro progredisce a vista d’occhio ed io spero per la metà di dicembre di consegnare tutti i lavori terminati alla R. [Regia] Direttrice.

12 dicembre 1942

Ho spedito oggi al Comandante della Divisione Ravenna, operante sul fronte Russo, perché le distribuisse ai Soldati, le letterine che le mie alunne ànno scritto ai valorosi combattenti per gli auguri di Natale.

15 dicembre 1942

Le mie alunne ànno attivamente preso parte alla raccolta di giornali vecchi e ne ànno portati a scuola in gran numero.

 

Il 9 luglio 1942 al Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR) subentrò l’Armata Italiana in Russia (ARMIR) di cui faceva parte la Divisione “Ravenna” al comando, nel dicembre del ’42, del generale Francesco Dupont.

 Il 16 dicembre 1942 i Russi sferrarono un forte attacco, denominato “Piccolo Saturno” contro le truppe italiane: i soldati italiani si batterono valorosamente, tuttavia non poterono fermare l’avanzata delle truppe sovietiche che travolsero i capisaldi, li circondarono o li spianarono con i carri armati.” (Maria Teresa Giusti, La campagna di Russia, 1941-1943, Bologna, Il Mulino, 2016)

 

 

16 dicembre 1942

Secondo le disposizioni del Ministero dell’Ed. Nazionale fin dal novembre abbiamo iniziato un corso d’agraria al quale prendiamo parte tutte le insegnanti. In tale occasione la R. Direttrice ha voluto sentire da ciascuna di noi il nostro parere sull’educazione all’aperto.

Fisso qui alcuni concetti che, secondo me, costituiscono la base del nuovo metodo educativo.

L’educazione all’aperto si basa, si svolge e raggiunge gli ideali scientifici di una nuova educazione attraverso la scuola e tutte le altre forme di vita fisica, perché curando la sanità del corpo si crea all’aria libera la sanità e la vitalità dello spirito. Se noi analizziamo in profondità il modo con il quale è concepita la scuola nella mussoliniana “Carta della Scuola” osserviamo come essa tende spontaneamente ad uscire dalle stesse strutture edilizie ed a rompere gli schemi tradizionali nella ricerca di un più profondo ed immediato contatto con la vita stessa e con il mondo circostante. Così la scuola all’aperto cessa d’avere un carattere quasi patologico e chiama lo scolaro fuori dall’aula per avvicinarlo materialmente e spiritualmente alla natura e alle cognizioni apprese passivamente dai testi scolastici, sostituisce l’osservazione attenta e la ricerca spontanea delle verità naturali, che sono le basi d’ogni conoscenza e quindi d’ogni educazione.

Inoltre va tenuto presente che i ragazzi partecipano attivamente e direi anzi con gioia ed entusiasmo alla vita che li circonda solo muovendosi ed appunto la scuola all’aperto è la scuola del movimento, quella che solo può seguire il moto del sole e dell’aria: e allora se vi è movimento vi è partecipazione e quindi autentica vita scolastica.

La cosa che l’alunno impara subito è il giuoco e questo perché non è oggetto della solita lezione cattedratica, ma perché è parte della sua stessa natura e inclinazione, e quindi non solo con la scuola all’aperto si ossigenano perfettamente i polmoni, ma la mente stessa ne ricava una salubre e feconda aereazione. E, tenendo presente che la salute del corpo e quella dello spirito sono intimamente connesse tra loro, basta osservare come il sistema nervoso, attraverso il quale si svolgono i fatti psichici e mentali, risenta immediatamente del modo con cui si svolgono le varie funzioni organiche.

E allora mantenere o rendere efficienti con un nuovo metodo educativo queste funzioni fisiologiche, vuol dire formare un’attività mentale più vivace, più resistente allo sforzo della vita moderna e una migliore disposizione alla bontà.

 

Il movimento delle “scuole all’ aperto” nasce nella seconda metà dell’Ottocento, sostenuto da medici e filantropi, con lo scopo di rafforzare la gracile salute di molti bambini. Le scuole all’aperto aspiravano “a superare il modello della scuola e dell’educazione tradizionale e autoritari, la quale intendeva l’alunno come soggetto passivo, in un contesto con spazi e orari rigidi, per individuare invece  nuovi scenari più naturali ed outdoor, capaci di proporre contenuti davvero interessanti, reali, vicini all’ esperienza quotidiana dell’alunno”. (Mirella D’Ascenzio, Per una storia delle scuole all’aperto in Italia, ETS, Pisa, 2018)

18 dicembre 1942

Anniversario della Giornata della fede.

Le mie alunne hanno quasi tutte terminato i lavori di maglia per i nostri soldati ed oggi li abbiamo consegnati alla Sig.na Direttrice, la quale si è vivamente compiaciuta con le volenterose, per quanto inesperte, lavoratrici.

Inizieranno domani le vacanze invernali.

25 gennaio 1943

Questa settimana sono di turno per l’assistenza alla refezione scolastica. Non intervengono, veramente, molti alunni, perché, date le belle giornate, i genitori preferiscono portarli con loro in campagna per essere coadiuvati nella raccolta delle olive.

 

 

Il 18 dicembre 1935, dopo circa due mesi dall’inizio della guerra contro l’Etiopia, il regime fascista  celebra in tutte le città d’Italia la “Giornata della fede” con la finalità di raccogliere oro per sostenere lo sforzo bellico. Con una solenne cerimonia all’Altare della Patria migliaia di donne donano la loro fede nuziale per “unirsi misticamente in matrimonio con il regime e con la patria in guerra” (E. Gentile, Storia del fascismo, 2022), ricevendo in cambio una fede di ferro.

15 febbraio 1943

Riprendiamo il lavoro interrotto.

16 febbraio 1943

S. E. il Ministro Bottai ha lasciato il Ministero dell’Ed. Nazionale e ha rivolto ai suoi collaboratori e a tutto il personale insegnante il seguente telegramma di commiato.

“Concludendo il mio servizio nel Ministero dell’Ed. Nazionale desidero che giunga a voi, che ebbi collaboratori instancabili nell’aiutare la scuola a rilevare la sua vera e nobile anima nella Carta mussoliniana, la mia vera espressione di grato animo che vorrete partecipare a tutti gli insegnanti, perché sostennero l’opera mia quotidiana con il conforto di un fervore che, sono sicuro, sarà altrettanto spontaneo e generoso per il lavoro cui oggi il mio successore si accinge per l’ed. fascista dei nostri figli”.

Il nuovo Ministro, S. E. Biggini, Rettore Magnifico dell’Università di Pisa, nel prendere possesso del suo Alto Ufficio ci ha rivolto il seguente telegramma di saluto: “Designato dal Duce, alla fiducia della maestà il Re Imperatore, assumo oggi l’ufficio di Ministro dell’Ed. Nazionale. Desidero inviare a tutte le autorità dipendenti il mio saluto cordiale e faccio sincero assegnamento sulla disciplinata collaborazione di ognuno per il raggiungimento degli scopi comuni”.

 

Giuseppe Bottai (Roma 1895-1959) fu Ministro dell'Educazione Nazionale dal novembre del 1936 al febbraio del 1943. Da sempre una delle menti critiche del fascismo, tentando di cambiarlo dall'interno; fu tra gli estensori dell'ordine del giorno che mise in minoranza Mussolini nel luglio del 1943. (A Bottai è dedicato il saggio di Giordano Bruno Guerri, edito da Bompiani nel 2010).

18 febbraio 1943

Hanno risposto, alle lettere d’auguri inviate per Natale ai combattenti del fronte russo, solo pochi soldati, però, a nome loro, à scritto il comandante della Divisione Ravenna.

“Alla insegnante della Scuola elem. di Vetralla.

Vi ringrazio vivamente, anche a nome di tutti i fanti di questa Divisione, per le cortesi ed affettuose letterine redatte dalle vostre brave alunne, in occasione della festa del S. Natale.

Vi ringrazio per le parole di ricordo, di augurio e di conforto che riusciranno sommamente gradite a tutti i militari dipendenti. I migliori auguri di felice anno nuovo.”

Il ten. col. capo di S.M. [Stato Maggiore]

Paolo Ducros

(Dal fronte russo P.M. 53 [Posta Militare])

 

Il 22 giugno 1941 la Germania di Hitler scatenò l’”operazione Barbarossa”: ossia l’attacco all’Unione Sovietica. L’Italia vi partecipò dapprima con il CSIR (Corpo di spedizione italiano in Russia) con circa 62.000 uomini; successivamente, dal 9 luglio 1942, al Csir subentrò l’Armir (Armata Italiana in Russia)  contando complessivamente 229.005 uomini, 25.000 quadrupedi e 16.700 automezzi. Dell’Armir faceva parte anche la Divisione di fanteria “Ravenna” al comando del generale Eduardo Nebbia.

Nel febbraio del ’43, a seguito dell’offensiva sovietica, l’Armir era già impegnata nella tragica ritirata per il rientro in patria.

25 febbraio 1943

Le mie alunne, in questi due mesi di vacanza, hanno dimenticato troppo, ed io mi sento un po’ sconfortata.

È necessario che richiami alla loro mente gran parte del programma svolto, poiché non sarebbe certo possibile riprendere subito il normale svolgimento dal punto nel quale eravamo rimasti a dicembre.

Molta, molta pazienza e buona volontà mi sono necessarie perché alla fine dell’anno scolastico il profitto raggiunga, in tutti i campi, il massimo rendimento.

3 marzo 1943

Anniversario della morte di S.A.R. il Duca d’Aosta, Amedeo di Savoia.

 

Nell’anno scolastico 1942-43 le attività scolastiche furono sospese, per disposizione ministeriale, dal 19 dicembre 1942 al 14 febbraio 1943.

Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta, era nato a Torino il 21 ottobre 1898; seguì la carriera militare, partecipò alla prima guerra mondiale e poi, in Africa, al secondo conflitto durante il quale fu fatto prigioniero dagli inglesi e morì, a causa delle febbri malariche, il 3 marzo 1942.

10 marzo 1943

Radiofonia scolastica.

Perché quasi tutte le mie alunne  potessero seguire le radi lezioni ho pregato quelli che hanno l’apparecchio radio di invitare le compagne.

Anzi per facilitare le radio audizioni io stessa, regolandomi sulla vicinanza delle diverse abitazioni, ad ogni alunna, posseditrice di radio, ho affidato tre o quattro compagne. Risultati ottenuti dopo quattro audizioni.

Ia – Cinque alunne solo mi hanno riferito verbalmente qualche particolare che era rimasto loro in mente: le altre mi hanno dichiarato di non aver capito niente. Ho interrogato alcune mamme: tutte concordemente mi hanno risposto che le bambine, essendo in diverse, si distraggono facilmente  e quindi non possono seguire la lezione con la necessaria attenzione.

IIa – Ho dato per compito alle mie alunne la relazione su ciò che avevano capito delle radio lezioni.

Leggendo poi i loro compiti mi sono accorta che quelli fatti meglio e che veramente riferivano il concetto delle radio lezioni erano stati già corretti dai loro parenti.

IIIa – Questa volta solo otto alunne hanno ascoltato le lezioni. Ho invitato queste ad espormi allora per iscritto quello che avevano capito e le altre a segnare nel loro diario le ragioni per le quali non avevano ascoltato le lezioni.

Dai loro diari riconosco che la parte essenziale e principale delle lezioni stesse sfugge a quasi tutte: afferrano più facilmente i particolari, senza comprenderne le vere finalità.

IVa – Alle 4.20 mi sono presentata in casa di una mia alunna che à l’apparecchio radio. Vi erano presenti 4 bambine. Ho voluto vedere da vicino e capire perché non riescono ad interessarsi troppo ed a ricavarne un buon profitto.

Sono giunta così alle seguenti conclusioni.

Non riescono ad afferrare molto e facilmente, si distraggono perché sono troppo poco abituate a sentire la radio e per loro ascoltare la voce senza vedere la persona, come avviene abitualmente a scuola, riesce difficile.

Poiché da queste lezioni potessero ricavarne qualche profitto sarebbe necessario che le seguissero regolarmente e che con loro fosse presente pure l’insegnante.

(Immagine dal sito Wikimedia.org)

23 marzo 1943

Con le alunne abbiamo ricordato questa data fatidica e il sacrificio dei primi martiri fascisti che, con il loro sacrificio, scrissero le prime pagine della storia della nuova Italia.

 

Il 23 marzo era la data in cui si celebrava la fondazione dei “Fasci di combattimento” nati a Milano il 23 marzo del 1919. Come narra lo storico Emilio Gentile “Alle ore 10 del 23 marzo, l’adunata iniziò i lavori nella sala del circolo dell’Alleanza industriale e commerciale, concessa dall’ interventista massone Cesare Goldmann, al primo piano del Palazzo Castani, al numero 9 di piazza San Sepolcro. … l’adunata, dopo aver rivolto un saluto riverente ai caduti «per la grandezza della patria e la libertà del mondo», ai mutilati, agli invalidi e a tutti i combattenti e «agli ex prigionieri che compirono il loro dovere», si impegnava «a sostenere energicamente le rivendicazioni di ordine materiale e morale» propugnate dalle associazioni dei combattenti”.

1° aprile 1943

Commemorazione del martire maltese Carmelo Borg Pisani.

15 aprile 1943

Ho consegnato alla Regia Direttrice, quale importo della sottoscrizione delle alunne per innalzare un monumento al martire Pisani, £ 26,50.

21 aprile 1943

 

Natale di Roma e festa del lavoro italiano.

 

Carmelo Borg Pisani, medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria. Partecipava alla campagna di Grecia, durante la quale contraeva una infermità per cui avrebbe dovuto essere sottoposto ad atto operatorio, al quale si sottraeva per non allontanarsi anche solo per pochi giorni dal campo di battaglia. Conseguita la nomina ad ufficiale della Milizia Artiglieria Marittima, chiedeva insistentemente di essere utilizzato in una rischiosissima impresa di guerra, alla quale si preparava in lunghi mesi di allenamento e di studio, in perfetta serenità di spirito e in piena consapevolezza della gravità del pericolo.

Catturato dal nemico, riaffermava di fronte alla Corte Marziale britannica di Malta la sua nazionalità italiana e condannato all'impiccagione, saliva al patibolo il 28 novembre 1942 al grido di: "Viva l'Italia".

 

(Dal sito del Ministero della Difesa)

7 maggio 1943

Sono venute a scuola tre nuove alunne: una sfollata da Grosseto, una da Civitavecchia ed un’altra viene da Bracciano. Le tre sfollate avranno tutto il mio affetto e la mia comprensione materna.

13 maggio 1943

Per ordine ministeriale le scuole dovranno essere chiuse dal 20 corrente: così io inizio subito la fase di scrutinio.

20 maggio 1943

Consegna delle pagelle.

 

Con la chiusura anticipata delle attività termina la cronaca, annotata nel Registro di classe, dell’ anno scolastico 1942-1943.

Non terminano le vicende belliche e la guerra civile dopo l’8 settembre 1943. Ne rievochiamo i ricordi attraverso uno scritto della compianta maestra Teresa Blasi (donato al Museo della Scuola di Vetralla dalla nipote, l’insegnante Emanuela Taranta).

 “Poi gli anni della guerra, con tutti i suoi mali, le sue atrocità e, dopo l’8 settembre, l’occupazione tedesca anche dei nostri territori. I tanti giovani militari catturati dai tedeschi, dispersi… nascosti nelle soffitte delle nostre case. Scene di rastrellamenti, di perquisizioni, delazioni da parte dei fascisti locali. E la fame, che cominciò a farsi sentire, con il connesso fenomeno del «mercato nero». E – terribili – i bombardamenti. Non fu risparmiata dalle bombe neanche Vetralla che ben presto si svuotò dei suoi abitanti. Dispersi nelle campagne, ospitati nelle case contadine, ma più numerosi quelli che trovarono ricovero nelle tante grotte che bucano il nostro territorio, così ricco di «orridi» tufacei.

 I bombardamenti si accanirono in particolare su una delle piazze più belle di Vetralla. Vi si affacciava il castello dei Vico. Essa fu trasformata, insieme al castello, la grande fontana e la porta con l’orologio, in un cumulo orrendo di rovine. Fortunosamente illesa rimase la Piazza del Comune con i suoi storici edifici intatti.”

Teresa Blasi

                                                                                                            novembre 2018

 

La cronaca della vita scolastica della classe IV della scuola elementare di Vetralla si è interrotta il 20 maggio 1943 con la chiusura anticipata della scuola – a causa della guerra – e la consegna delle pagelle.

Le ultime pagine del Registro di classe sono dedicate alla “Relazione finale” che ciascun insegnante era tenuto a compilare.

Oltre ai dati anagrafici dell’ insegnante Gambioli Elsa, nata a Panicale (in provincia di Perugia) nel 1901, vincitrice di concorso nel 1923, vi sono alcune notizie che riguardano la struttura scolastica.

L’edificio scolastico di piazza Marconi risultava privo di sistemi di riscaldamento, in compenso, però, c’erano le “latrine” e qualche vaso ornamentale per “il miglioramento estetico dell’aula”; il materiale didattico “non esiste” e nemmeno gli oggetti necessari all’igiene e alla pulizia personale degli alunni: “brocca, catinella, asciugamani, sapone…”. Era presente una “Radio SAFAR” per tutte le classi.

La biblioteca scolastica era inesistente, la scuola riceveva le riviste “Primato” e “Africa Italiana”; l’ insegnante curava la propria formazione culturale con la lettura delle opere di Nino Salvaneschi, di Trilussa e di Verga.

La collaborazione con le famiglie era alterna: “Alcune veramente mi hanno molto coadiuvato nello svolgimento della mia opera educativa, altre invece sono rimaste sorde ad ogni mio invito e premura.”