Storia e memorie delle scuole

Storia e memorie delle scuole

 Recentemente la Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico-Educativo ha lanciato un appello affinché, nell’ansia di reperire nuovi locali scolastici a seguito dell’emergenza Covid-19, non venga disperso anche quel patrimonio culturale, fatto di documenti, archivi, collezioni, libri, ospitato in molte scuole italiane. Il rischio, per un patrimonio che non beneficia di particolari attenzioni da parte degli organismi governativi, è che venga gettata alle ortiche una parte importante della storia e della memoria delle scuole italiane: quaderni, vecchi banchi, alfabetieri, sussidiari, filmine… che raccontano un’esperienza vissuta da tutte le comunità, negli sperduti borghi di montagna come nelle grandi città.

Di questo inestimabile patrimonio ce ne offre un quadro ampio e approfondito il volume curato da Anna Ascenzi, Carmela Covato e Juri Meda: “La pratica educativa. Storia, memoria e patrimonio”, Edizioni Università di Macerata, 2020, p. 463.

Il volume raccoglie gli atti del primo Congresso nazionale della Società per lo Studio del Patrimonio Storico-Educativo, svoltosi a Palma de Mallora tra il 20 e il 23 novembre 2018; si compone di 25 saggi che affrontano i temi della ricerca sul patrimonio storico-educativo in Italia, gli studi più recenti, le vicende delle tecnologie didattiche e delle pratiche scolastiche. Il comun denominatore degli approfondimenti è esplicitato nell’apertura di Roberto Sani: un nuovo approccio alla storia dell’educazione che “ha il suo riferimento privilegiato ed essenziale non più nelle teorie pedagogiche e nelle filosofie dell’educazione, ma nello scavo archivistico e nell’utilizzo di una pluralità di fonti – materiali e immateriali – in grado di restituirci la complessità e varietà dei processi formativi scolastici e delle dinamiche di alfabetizzazione e di acculturazione nei diversi ordini e gradi di scuola”.

Numerose le ricostruzioni del modi di fare scuola attraverso le carte, i diari e gli archivi personali di maestri e maestre, dalle sorelle Rosa e Carolina Agazzi di Brescia a Maria Riccini di Ancona, dalla napoletana Amelia Andreassi al bolognese Cesare Malservisi, dalle testimonianze di numerose maestre marchigiane all’apostolato nelle borgate romane di Don Roberto Sardelli, dagli esperimenti tipografici di Arturo Arcomano, nella campagna della Lucania, alle riflessioni pedagogiche di Romeo Domenico Taverni unitamente a quelle educative del giovane Antonio Gramsci.

Dettagliata è anche l’analisi dei Musei della scuola come quello di Torino, e di Centri di documentazione, Laboratori di studio connessi con le Università di Bolzano, della Calabria, del Molise, di Roma, Bari, Padova, Bologna, Macerata che – negli ultimi anni – hanno sviluppato diversi filoni di ricerca per una storia della scuola.

Interessanti anche gli approfondimenti sulle pratiche didattiche in classe: dalle “filmine” ai giornalini scolastici, dalle scuole per i migranti alle scuole all’aperto, senza tralasciare il ruolo dei musei didattici dall’ottocento ai giorni nostri.

Il volume, attraverso una molteplicità di voci e di piste di ricerca, mette in rilievo la stretta connessione della storia della scuola con la storia d’Italia, sia come esperienza collettiva condivisa da tutte le generazioni – in modo particolare per quanto riguarda la scuola elementare – sia come formazione di una coscienza nazionale identitaria che si è andata formando proprio sui banchi di scuola.

I piccoli musei della scuola, i centri di documentazione universitari oltre ad essere luoghi di conservazione della memoria possono diventare promotori di innovazione didattica, toccando con mano una storia fatta di oggetti materiali (quaderni, libri, strumenti di scrittura…), ma anche di costruzione dell’identità italiana e di ciascuna comunità locale. Attraverso la storia della scuola si può conoscere non soltanto l’evoluzione della strumentazione didattica, a cominciare dalle aule ricavate da stalle in disuso, e quindi lo sviluppo e le trasformazioni della società, ma anche – nell’analisi di letture, dettati, celebrazioni ricorrenti – la formazione di un modo di pensare e di immaginare l’Italia che interessa trasversalmente la storia, la geografia, l’educazione civica, la lingua italiana.

 

Il museo, quindi, come laboratorio, come prezioso centro di promozione culturale non solo per gli alunni delle scuole, ma per l’intera comunità.