Il filo d'oro. Storia della scrittura

Ewan Clayton, Il filo d'oro. Storia della scrittura, Torino, Bollati Boringhieri, 2014.

Un affascinante viaggio nel mondo della scrittura, dai primi geroglifici egizi del 1850 a.C. fino alle espressioni virtuali dei giorni nostri, quello che il calligrafo e docente all'università di Sunderland (Inghilterra) traccia nel suo libro.  

La storia della scritta e del mondo che, da secoli, la circonda è analizzata con acume critico e raccontata con uno stile coinvolgente, mantenendo "una tensione creativa fra passato,  presente e futuro, senza troppe nostalgie per i tempi andati, né troppi entusiasmi per il moderno mondo digitale, che non va considerato come la risposta a tutti i mali (la tecnologia non ci salverà)". 

Dalle tavolette di cera, ai papiri egizi, alle lapidi romane, fino all'avvento dell'appropriazione cristiana del libro come simbolo teologico e strumento di diffusione della cultura, la scrittura ha subito un continuo processo di evoluzione. E, con essa, il libro, dai primi documenti amministrativi fino a diventare "scrigno della memoria", percorso educativo per la salvezza dell'anima. Con l'evoluzione della scrittura non sono mutati soltanto i caratteri e i modi di lasciare il segno sulla pagina, ma anche le modalità di comunicazione sociale. Il lavoro prezioso degli amanuensi, nelle principali cattedrali e abbazie - centri radiosi di civiltà - ha permesso, nel tempo, la diffusione della scrittura, prima privilegio di nobili e ricchi, a sempre più larghi strati della popolazione. E se gli "avvisi" vergati a mano nel 1400, con i loro "post" irriverenti hanno anticipato Facebook, è solo nell'Ottocento che la scrittura è stata abbinata alla lettura come materia d'insegnamento nelle scuole. 

La diffusione dei testi stampati, l'invenzione delle prime macchine per scrivere (inizialmente nate per alleviare i problemi di vista, come la Hansen Ball usata da Nietzsche) e l'avvento della scrittura digitale hanno profondamente modificato la nostra cultura e il nostro modo di interpretare il mondo.

Ma Clayton ci rammenta l'importanza del testo scritto a mano: i sensi e i sentimenti che confluiscono nell'usare un pennino o una stilografica: un'esperienza che coinvolge tutta la persona: "anche se muovo soltanto la punta di una penna, quel movimento trascina con sé tutto il mio essere".

Se le varie forme di scrittura e lettura digitale ci fanno acquisire informazioni infinite, la scrittura a mano ci riconduce ad una dimensione qualitativamente più ricca ed intensa, ad un modo di esprimersi che mette in gioco il nostro mondo interiore, le nostre potenzialità espressive.

Delle riflessioni conclusive di Clayton potrebbe far tesoro anche la scuola dove, accanto agli strumenti della multimedialità che fanno parte del mondo contemporaneo, sarebbe veramente utile un ritorno all'artigianalità della bella scrittura come invito ad "esplorare il mondo materiale per pensare e comunicare".